domenica 23 dicembre 2012

Le maledizioni nel mondo dello sport

Molto spesso quando si parla di sport, si entra spesso nel campo dei numeri, delle statistiche.
Ne esistono di tutti i tipi, molte delle quali spesso lasciano il tempo che trovano, cioè zero.
Ma quando certe strisce di sconfitte durano nei decenni, qui si entra in un altro campo, quello delle maledizioni.

Nel calcio il terreno più fertile è senza dubbio il Sudamerica, dove spesso il sacro si mischia al profano, e dove per sacro intendiamo il calcio.
Senza dubbio la storia del Racing Club de Avellaneda è quella più incredibile.
Il club biancoceleste è per numero di tifosi la terza squadra più amata d’Argentina, alle spalle del Boca e del River.
Purtroppo per i suoi sostenitori, la storia del club cambio nel "verano"del 1967,giorno in cui la squadra vinse la Coppa Intercontinentale a Montevideo nella gara di spareggio contro il Celtic, grazie ad un gol del “chango” Cardenas.
I tifosi dell’ Independiente, l'altra squadra di Avellaneda e ovviamente acerrimi rivali, quel giorno lanciarono una maledizione contro lo stadio del Racing, il mitico"Cilindro" ,sotterrando sette gatti neri sotto una delle porte dello stadio.
Da allora il Racing ha vissuto sfortune incredibili, compresa l'umiliazione della prima retrocessione nella"segunda"arrivata nel 1980.
Nel dicembre del 2001, il Racing vinse il suo primo campionato dopo l’ultimo vinto nel ’66; fine della maledizione? non proprio.
In quell’anno l'Argentina visse la peggior crisi politica ed economica della sua storia.
Il campionato fu sospeso e rimandato ed il Racing con il suo scudetto passarono assolutamente in secondo piano.



Spostandoci dall'altra parte dell'atlantico, un altro fatto al dir poco inquietante è la vicenda di Bela Guttmann e il Benfica.

Nel 1962 l'allenatore magiaro lanció un anatema ai rossi di Lisbona all'indomani della seconda vittoria consecutiva nella Coppa dei Campioni dicendo che senza di lui non avrebbero mai più vintola Coppa, e fino ad oggi ha avuto ragione: le Aquile hanno perso 5 finali: due a Wembley, 1-2 col Milan nel ’63 e 1-4 con il Manchester United nel ’68; 0-1 con l’Inter a San Siro nel ’65; 6-5 ai rigori con il PSV Eindhoven a Stoccarda nell’88 e ancora contro i rossoneri, 0-1 a Vienna nel ’90.

Superstizione o verità, ha funzionato.

La cronaca dell'epoca narra che il Benfica, dopo aver sconfitto il Tottenham in una difficile semifinale, giunse in finale per il secondo anno di seguito, avendo come avversario il Real Madrid di Puskás e Alfredo Di Stéfano. Il primo tempo si concluse col punteggio di 3-2 per gli spagnoli, ma nello spogliatoio Guttmann, davanti ai giocatori delusi, disse: «La partita è vinta. Loro sono morti» 
Infatti  il Benfica vinse per 5-3, grazie anche ad una doppietta di Eusébio.
Le aquile terminarono quella stagione con il terzo posto in campionato, e quando chiesero a Guttmann il perché del deludente risultato, rispose dicendo che la squadra non aveva avuto «il culo per sedersi su due sedie».

La conquista della Coppa dei Campioni indusse Guttmann a chiedere il pagamento di un premio, ma la dirigenza glielo negò affermando che nel contratto non fosse presente una clausola contenente tale previsione. Guttmann disse "Ho avuto quattromila dollari in meno per aver vinto la Coppa dei Campioni rispetto al Campionato portoghese e nessun tentativo è stato fatto dai dirigenti per cambiare la situazione"
Di conseguenza, lanciò la maledizione.
« Da qui a cento anni nessuna squadra portoghese sarà due volte campione d'Europa ed il Benfica senza di me non vincerà mai più la Coppa dei Campioni»

Sul primo fatto Guttmann si sbagliò in quanto il Porto vinse la coppa dalle grandi orecchie nel 1988 e nel 2003, ma sul Benfica non si é sbagliato...
C'è chi tentò di cancellare la maledizione; nel 1990, in occasione della finale di Coppa dei Campioni, Benfica-Milan, che si giocava a Vienna, Eusébio in persona andó a pregare sulla tomba del suo ex allenatore.

Il risultato della finale? Ve lo lascio intuire...




Lasciamo il calcio, per approdare nell'affascinante mondo dello sport a stelle e strisce.

Parlando di rivalità, la più accesa è senza dubbio quella tra New York e Boston, e la sfida tra New York Yankees e i Boston Red Sox in MLB non è mai stata una partita qualsiasi.
Ed il motivo è questo:
85 anni fa il leggendario George Herman “Babe” Ruth (conosciuto anche come “The Bambino” o “The sultan of swat”) era un giocatore dei Red Sox ma passò agli Yankees, diventando una leggenda di questo sport.
Fin qui nulla di strano,se non che nell'abbandonare Boston, lanciò un autentico anatema nei confronti della sua ex squadra: “Non vincerete mai più le World Series”.
Ebbene, le Calzette Rosse per 86 lunghi anni fallirono anno dopo anno e non conquistarono più il titolo, perdendo addirittura 4 serie finali su 4, in Gara7 e in circostanze rocambolesche.

Rispetto alla storia del Benfica a Boston arrivò un lieto fine alle World Series del 2004 e successivamente del 2007, chiudendo per sempre la pagina nera della "Curse of the Bambino".







"Babe" Ruth                                                      Keith Foulke alle World Series del 2004


Rimanendo in ambito MLB un'altra losing streak di tutto rispetto è quello dei mitici Pittsburgh Pirates, che non hanno una stagione vincente dal lontano 1992 e non vincono le World Series dal 1979.
Anche qui c'è di mezzo una mezza maledizione, quella di Barry Bonds o quella che alcuni chiamano "The Curse of the BamBreamo".

Infine ,trasferendoci nell' Nba, un'accenno alle catastrofi che si sono abbattute sui Clippers nel corso della loro breve ma travagliata storia, è d'obbligo.

Tutto ebbe inizio nel 1976, anno in cui John Y.Brown comprò la franchigia dei Buffalo Braves per circa 6 milioni di dollari. Quasi contemporaneamente cedettero il loro miglior giocatore ed Mvp della lega, Bob McAdoo ai Knicks per 3 milioni di dollari, ovvero la metà di quanto speso per il valore della franchigia.
Da quel momento si susseguirono vicende al limite del tragicomico ( prime scelte toppate ai draft perchè rivelatosi troppo scarse oppure perennemente infortunate,come ad esempio Nate Archibald). 
Intanto la franchigia si sposta a San Diego prima e a Los Angeles poi (per merito di Mr.Sterling che acquistò la franchigia su consiglio di un avvocato di nome David Stern...) e nel tragitto tra Buffalo e San Diego avviene la più grande toppata di tutti i tempi.
I Clippers cedono ai Celtics Archibald,considerato bollito, più la prima chiamata al draft,il tutto inserito nell'affare che vede i Clippers cambiare proprietario e città.
Morale della favola, i Clippers sceglieranno un certo Bill Walton che giocherà 14 partite in 4 anni, scambieranno un futuro All Star come Tom Chambers per prendersi "Samsonite"James Donaldson (il soprannome non è casuale...), e i Celtics si ritrovano con un Archibald (che così bollito non era) e come prima scelta, con la numero 6 chiamarono un certo Joe Larry Bird...

Fortunatamente negli ultimi due anni le cose sembrano essere cambiate, e dopo aver azzeccato la prima scelta al draft, chiamando Blake Griffin, la squadra viene costruita per cercare di vincere, e non per essere la barzelletta della lega. 
Nell'estate del 2011 intavolano con i New Orleans Hornets una trade per l'acquisizione della stella Chris Paul, che all'inizio sembrava promesso ai Lakers, ma il commisioner David Stern (ve lo ricordate?) blocca tutto, e facilita l'affare con l'altra metà di L.A.

Forse dopo più di trent'anni il cerchio si chiude.










venerdì 27 gennaio 2012

La lunga strada per Indianapolis:Superbowl XLVI

La National Football League come ogni anno ci ha regalato una stagione emozionante,che vivrà al Lucas Oil Stadium di Indianapolis, domenica 5 febbraio, il suo epilogo.
E come ogni anno la finale avrà grandissimi interessi; infatti, si sfideranno i New England Patriots e i New York Giants.
Sicuramente il Commissioner Roger Goodel si starà fregando le mani poiché queste due franchigie in termini di bacini d'utenza e d’introiti rappresentano molto per l'NFL.
E sarà l'ennesimo capitolo dell'eterna rivalità tra Boston e New York, nonchè la rivincita del Superbowl XLII,vinto in quell'occasione dai Giants per 17 a 14.

La grande saga NFL composta da epici match, sorprese inpronosticabili,cambi di orizzonti per alcune franchigie (Colts 2-14,Detroit 10-6),giocatori che entrano nel novero delle stelle (AlexSmith,Tim Tebow,Mattew Stafford), si è compiuta anche quest'anno.
Una partita che entrerà nella storia è stata sicuramente Saints-49ers NFC divisional round,giocato a Candlestick Park.
Gli ultimi 5 minuti diventeranno un ever green,e il touch down finale dei 49ers a firma Alex Smith-Vernon Davis,ossia "The Catch 2",sarà un highlight indelebile.



Entrerà nei libri di storia,ma per il motivo opposto,anche il field-goal sbagliato da Billy Cundiff  nella finale della AFC tra New England Patriots e Baltimore Ravens.
Una finale probabilmente poco spettacolare,che ha visto grandi giocate da parte delle due difese (nulla di nuovo se si pensa a Baltimore,ma una grande sorpresa per quanto riguarda invece New England).
Tom Brady è stato limitato al massimo non riuscendo a completare un solo TD pass.

Oltre che l’errore di Cundiff, Baltimore ha pagato a caro prezzo una gestione dell’ultimo possesso abbastanza confusa; coach John Harbaugh prima rinuncia a calciare un field goal dalle 50 yards (distanza importante ma sulla carta non impossibile per il kicker Cundiff), insiste con un 3rd e lungo,Flacco lancia nelle mani di Evans,che per questione di centimetri non riesce a trattenere la palla per un lasso di tempo utile alla realizzazione del TD della vittoria.
E da qui nasce il field goal mancato,un errore che ha dell’incredibile,pensando che il kicker ex Packers,ha partecipato varie volte al Pro Bowl.


Anche l’altra finale di Conference tra 49ers e Giants è stata caratterizzata dal grande equilibrio e da un finale ricco di tensione e pathos,in cui il ritornatore di riserva dei 49ers  Kyle Williams durante l’overtime,perde palla,e Devin Thomas la ricopre provocando così il fumble decisivo per la vittoria dei newyorkesi.
I Giants così ritornano al grande ballo 4 anni dopo l’ultimo successo,guidati da Eli Manning,che finalmente sembra essersi tolto l’etichetta del “fratello di Payton”,portando la franchigia della grande mela,dopo una regular season vissuta sempre sul filo del rasoio,dritta a Indianapolis andando a vincere in campi “caldi” come Green Bay e San Francisco.



Fondamentale è stata anche la presenza di due ricevitori completi come Cruz e Nicks; sicuramente a Indy vedremo una bella sfida tra questi due mostri e i due mostri dei Patriots,ossia Welker e Gronkowsky.
Sicuramente i grandi assenti del Superbowl sono i Green Bay Packers,assoluti e incontrastati dominatori della Regular Season,con un recordi di 15-1.
Proprio da quella sconfitta,a Kansas City alla penultima giornata,qualcosa nella franchigia del Winsconsin si è rotto.
A partire dalle prestazioni di Aaron Rodgers,a detta di molti il miglior QB della lega.
A Kansas City fece una partita mediocre,come tutta la squadra,poi contro Detroit all’ultima giornata si sedette in panchina,vide il suo backup Matt Flynn fare una prestazione al di sopra di qualsiasi aspettativa,diventando il primo QB dei Packers a lanciare per 6 TDs consecutivi in una sola partita,e il weekend dopo osservare con tutta la squadra il weekend di bye guadagnato avendo ottenuto uno dei quattro migliori record nella regular season.



A mio avviso tutti questi fattori hanno fatto si che il QB californiano arrivasse all’appuntamento del divisional playoff contro i New York Giants abbastanza arrugginito e con più tensione  del dovuto.
I Giants invece erano reduci da un mese in cui avevano già assaporato il clima playoff,in quanto ogni partita era da vincere per continuare a coltivare il sogno dell’approdo alla post-season,a partire dal derby con i Jets arrivando sino allo scontro divisionale con i Cowboys.

Esattamente quello che successe lo scorso anno ai Packers,arrivati incredibilmente ai playoff grazie a delle vittorie in extremis (con Giants e Bears) e a una serie di risultati favorevoli,capaci infine di arrivare sino al Cowboys Stadium per il Superbowl vincendolo alla grande.
Proprio per questo motivo credo che la spinta emotiva e la lunga serie di vittorie decisive ha dato ai Giants la consapevolezza di poter ambire alla vittoria finale.

Sulla strada però si trovano l’accoppiata Belichick-Brady,16 vittorie nei playoff,4 Superbowl di cui 3 vinti.
A Indianapolis sarà come ogni anno un grande spettacolo.



Vorrei chiudere dicendo “che vinca il migliore”,ma un signore alcuni anni fa disse qualcosa di meglio:

“Winning isn't everything, it's the only thing



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